2. ''Gite fuori porta'' per cercare nuove sfide

Iwata:

Lei com’è entrato nel mondo dei videogiochi, Ikeda-san?

Ikeda:

Sono Kouhei Ikeda, produttore di questo titolo. Il mio primo incontro con i videogiochi risale alla prima elementare. Quell’anno infatti uscì Super Mario Bros.6, ed io feci un tale quarantotto che convinsi i miei genitori a comprarmelo. Solo che non avevamo il convertitore di frequenza adatto, così andai io stesso ad acquistarne uno. 6 Super Mario Bros. è un gioco d’azione pubblicato in Giappone per Nintendo Entertainment System nel settembre 1985.

Iwata:

Impressionante per un bambino di prima elementare!

Ikeda:

È vero. I miei genitori mi diedero una mano a montarlo, ma ricordo il momento in cui collegai il convertitore al vecchio televisore di casa: ero così eccitato che mi misi a gridare dalla gioia. Vedere Mario che si muoveva sullo schermo della TV ebbe su di me un impatto molto profondo.

Iwata:

Fu proprio in quel periodo che molte persone sperimentarono per la prima volta la possibilità di far muovere qualcosa sullo schermo con uno strumento nelle loro mani.

Ikeda:

Esatto. Da lì è nato il mio amore per i videogiochi. Iniziai a giocare contro i miei amici del quartiere e far muovere i personaggi come desideravo era molto divertente. All’ultimo anno di elementari un mio compagno mi chiese di accompagnarlo nel reparto videogiochi di un centro commerciale della zona e giocammo a Street Fighter II7. L’idea di far combattere due personaggi, posti l’uno di fronte all’altro, era assolutamente innovativa. 7 Street Fighter II è un videogioco di combattimento arcade pubblicato nel 1991 da CAPCOM Co., Ltd.

Iwata:

Combattere contro uno sconosciuto era un’esperienza unica.

Ikeda:

Sì. Mi misi a osservare, a braccia incrociate, la gente che giocava. Chi vinceva continuava la partita, quindi volevo diventare bravissimo. Comunicare con un estraneo attraverso un videogioco era una sensazione completamente nuova.

Iwata Asks
Iwata:

Credo che la regola “chi vince continua” sia venuta fuori in modo naturale.

Ikeda:

Esatto. Quando ero ragazzino, le sale giochi erano un luogo eccitante in cui potevi sperimentare giochi all’avanguardia. Fu dopo l’uscita di Virtua Fighter 28 che i titoli di combattimento iniziarono a piacermi davvero. Andavo ancora a scuola, ma mi esercitavo di continuo, quindi ero in grado di battere anche i giocatori di venti o quarant’anni. 8 Virtua Fighter 2 è un videogioco di combattimento arcade pubblicato nel 1994 da SEGA Corporation.

Iwata:

Il ragazzino che batte l’adulto ai videogiochi.

Ikeda:

Proprio così. In quel modo conoscevo nuove persone, andavo a mangiare qualcosa con loro o ci scambiavo semplicemente due chiacchiere e mi divertivo molto. Dopo qualche tempo, però, le nostre conversazioni iniziarono a prendere una piega diversa: “Ehi, magari in altre città ci sono giocatori migliori di noi... andiamo a vedere!”. Così nei weekend prendemmo l’abitudine di organizzare alcune “gite fuori porta” in macchina.

Iwata:

Ma è fantastico! Organizzavate spedizioni in altre città? (ride)

Ikeda:

Sì. È stata quell’esperienza a trasformarmi nella persona che sono oggi. Riuscire a connettersi con persone che non conoscevo era meraviglioso. E quando venivamo a sapere che sarebbe arrivata gente da altre città non stavamo nella pelle e dicevamo: “Va bene, incontriamoci in sala giochi il giorno x all’ora y!”. (ride)

Iwata:

Una sorta di duello! Volevate sfidare tutti, come nelle arti marziali?

Ikeda:

Sì, ma mi è capitato anche di perdere 30 partite di fila... (ride) Dopo, però, gli altri mi dicevano: “Puoi migliorare facendo così”, oppure “Prova a fare questo, è una mossa fantastica”. Potevo comunicare direttamente con la gente. Credo sia la parte migliore dei giochi di combattimento, quella che mi ha fatto appassionare ai videogiochi arcade. Sentivo di voler essere coinvolto, in qualche modo, in quel mondo.

Iwata:

Spedizioni in altre città per sfidare gli altri giocatori... Si può dire che sia letteralmente cresciuto con i giochi di combattimento.

Iwata Asks
Harada:

Provare quei videogiochi quando sei ancora a scuola è un’esperienza eccitante: è come se non riuscissi a smettere.

Ikeda:

È proprio così: non riuscivo a smettere! (ride) Quando finii le scuole secondarie si stava avvicinando l’era dei videogiochi in 3D, così decisi di iscrivermi a una scuola professionale per studiare la grafica e i movimenti in 3D in ambito videoludico. All’epoca ero un fan sfegatato della serie Virtua Fighter e nella città di Machida c’era una famosa sala giochi, così presi in affitto una stanza in quella zona.

Iwata:

Come? Decise di vivere a Machida solo perché c’era una sala giochi?

Ikeda:

Esatto. (ride) Anche se non l’ho mai detto ai miei genitori.

Iwata:

I giochi di combattimento erano la sua maggiore priorità. (ride)

Ikeda:

Era una sala giochi molto famosa, frequentata da persone di ogni genere, e ogni giorno mi divertivo moltissimo. Avevo lavorato part-time alla Enterbrain9 per registrare alcune combo10 per Tekken, e dopo essermi diplomato alla scuola professionale l’esperienza della sala giochi mi permise di tornare a lavorare lì. Rimasi in azienda per circa sei anni: ero il direttore di una rivista che usciva insieme a un DVD intitolata Monthly Famitsu Wave11 e mi occupavo di pianificazione e della parte video. 9 Enterbrain, Inc.: società con sede a Chiyoda Ward, Tokyo. 10 Combo: combinazioni di movimenti nei giochi di combattimento. Nella serie Tekken, i giocatori possono eseguire fino a sei mosse di fila premendo i pulsanti nell’ordine giusto. 11 Monthly Famitsu Wave: rivista videoludica mensile pubblicata – insieme a un DVD – da Enterbrain, Inc. tra il 1998 e il 2011.

Iwata:

La magia dei videogiochi dipende, in larga misura, proprio dalle immagini.

Ikeda:

Esatto. Potevo lavorare concentrandomi su come realizzare qualcosa di interessante per i giocatori e ora so che quell’esperienza mi è stata molto utile.

Iwata:

Ha incontrato Harada-san quando lavorava a Monthly Famitsu Wave?

Ikeda:

Sì. Una volta mi capitò di intervistarlo. In più adoravo Tekken e mi occupai di un progetto chiamato “Tekken: Sconfiggi 100 nemici” per cercare di stimolare l’interesse del pubblico per il gioco. Scelsi a caso le fermate della linea metropolitana Yamanote a cui scendere e trascorsi circa due ore in ogni sala giochi, per vedere se riuscivo a vincere 100 partite in un giorno solo.

Iwata Asks
Iwata:

Quindi giocò contro perfetti estranei incontrati in sala giochi?

Ikeda:

Sì. Nessuna finzione: entravo in sala giochi e li sfidavo.

Harada:

Il video realizzato per quel progetto era assolutamente spassoso. Quando l’hanno visto, tutti i membri del team di sviluppo hanno pianto dal ridere.

Ikeda:

Questo mi è stato detto in seguito e ne sono stato molto felice.

Iwata:

Sia nelle spedizioni di cui mi parlava prima che nelle sfide a cui ha accennato ora, la componente umana è molto forte. A sentirvi parlare sembra proprio che giocare sia la vostra ragione di vita e che il vostro scopo principale sia cercare persone che capiscano e condividano tale passione. Siete molto simili, da questo punto di vista. (ride)

Iwata Asks
Ikeda:

È vero, sembra che abbiamo molte cose in comune.

Iwata:

Dunque, Ikeda-san, come si è ritrovato a lavorare con il team di Tekken?

Ikeda:

Quando realizzammo il DVD per Tekken 512, ci venne l’idea di organizzare una sfida tra giocatori famosi del Giappone e della Corea del Sud. Così andammo in una sala giochi sudcoreana. C’erano tre rappresentanti della Corea del Sud e tre rappresentanti del Giappone e più di 60 spettatori sudcoreani. Fu lì che girammo il video. E posso dire che non fu proprio come giocare in casa. 12 Tekken 5 è un gioco di combattimento pubblicato nel novembre 2004 come videogioco arcade e nel marzo 2005 come gioco per console domestica.

Iwata:

Era come se vi foste spinti in un territorio nemico.

Ikeda:

Esattamente. Ricordo che durante il torneo l’aria era molto tesa, proprio come nelle partite di calcio e di baseball tra Giappone e Corea del Sud. Dopo il torneo, però, l’atmosfera si fece più rilassata: andammo a cena fuori e dopo continuammo a giocare a Tekken in sala giochi. Anche se non parlavamo la stessa lingua, capii che i giochi di combattimento sono come le discipline sportive: grazie ad esse è possibile parlare un linguaggio universale e superare le barriere comunicative. Poco tempo dopo, venni a sapere che NAMCO era alla ricerca di personale per il progetto Tekken, dunque feci domanda di assunzione. Sentivo che tutto ciò a cui mi ero dedicato fino a quel momento, comprese le spedizioni in Corea del Sud, era collegato a Tekken.