2. Tornare coi piedi per terra

Iwata:

Quando ripenso al periodo in cui ero appena uscito dall’università, mi torna in mente il fatto che ho iniziato col realizzare cose di ogni genere mostrandole alle persone. La progettazione dei giochi, dal punto di vista teorico, non era granché progredita all’epoca, quindi mi chiedevo: “Le mie idee potranno colpire davvero le persone?”.

Hayashi:

Già. Le mie attuali abilità sono il risultato di ciò che hanno fatto i miei predecessori moltiplicato per la mia esperienza personale. All’università, non avevo alcuna esperienza, quindi per qualsiasi cosa facessi la moltiplicazione, il risultato era sempre comunque zero.

Iwata:

Mettendola da un altro punto di vista, si comincia da zero, e nel momento in cui ci si affaccia nel mondo e ci si confronta professionalmente con ciò che hanno fatto altri prima di noi, si è come una lavagna bianca e ci si sente pronti ad imparare. Ma i giovani tendono a parlare di quanto sono bravi, quindi... Non si inizia davvero fino a quando non si fa atto di umiltà.

Hayashi:

Giusto. Questo può essere forse un modo particolare di porre il problema, ma come dico sempre ai nuovi arrivati: “Non riuscirete mai a maturare una vera esperienza fino a quando non scenderete a terra dal vostro maestoso cavallo”. (ride)

Iwata Asks
Iwata:

Ah... Quell’espressione rispecchia davvero l’atmosfera da club di atletica che si respira presso Team Ninja. (ride)

Hayashi:

Oh? (ride) Quando si fa parte di un team di sviluppo, ci si rende conto del momento in cui si sta rendendo divertente un gioco. Si diventa consapevoli di ciò che si sta facendo per rendere il gioco divertente in quel modo particolare.

Iwata:

A volte scherzare su una cosa offre una grande opportunità per definire il carattere complessivo di un gioco. Un vero progettista riesce a individuare con esattezza quei momenti vitali.

Hayashi:

È vero. Mi piace molto il modo in cui le decisioni di ogni giorno si trasformano in un miglioramento graduale del prodotto. Stavolta, dovendo realizzare un software per la console Nintendo 3DS, che rappresentava un nuovo hardware ancora in fase di sviluppo, è stato difficile vedere l’obiettivo, ma, come sviluppatore di giochi, l’ho trovato divertente.

Iwata:

È come se sviluppare i giochi fosse di per sé un gioco? (ride)

Hayashi:

Già! (ride) Meno si riesce a guardare avanti, più è difficile per lo staff. Le persone intorno a te si preoccupano, ma è comunque divertente.

Iwata:

Quando lei descrive qualcosa come “divertente”, lo dice in modo convincente per via delle sfide che siete riusciti a superare. Quanto tempo le è servito per acquistare questa forza d’animo?

Hayashi:

Dopo aver partecipato a diversi progetti come progettista, più o meno verso il mio quarto anno di lavoro, ne ho seguito uno interamente. Quella è stata la prima volta in cui ho ricoperto una posizione in cui mi si richiedeva di “far atterrare” un progetto entro una determinata scadenza. Quando lavoriamo ad un gioco, usiamo spesso il verbo “atterrare”, perché realizzare un gioco è un po’ come far atterrare un aereo.

Iwata:

Per continuare con quest’analogia, come quando si fa volare un aereo, è necessario individuare un luogo adeguato per farlo atterrare. È riuscito a far atterrare bene questo primo progetto?

Hayashi:

Sì. L’ho fatto atterrare, ma non ero molto soddisfatto. All’epoca, dal momento che i progetti di cui ero responsabile diventavano più grandi, anche le incertezze crescevano di conseguenza, e ho imparato che è necessario far volare ogni progetto in modo diverso.

Iwata:

Quindi i progetti che le venivano affidati comportavano un livello crescente di responsabilità?

Hayashi:

Già. Mi sentivo come se il destino mi stesse benedicendo ancora una volta.

Iwata:

Ad essere sincero, il fatto che lei coordinasse Team Ninja essendo così giovane è... Voglio dire, la mia generazione non aveva nessuno sopra di sé, ma per quanto riguarda la sua generazione, che vede già persone con maggiore esperienza in ruoli chiave, lei rappresenta un caso raro. Mi interesserebbe conoscere meglio le sue esperienze. Non penso che siano sempre state rose e fiori.

Iwata Asks
Hayashi:

No. Ho iniziato in un momento in cui Team Ninja aveva deciso di sviluppare un progetto più grande e uno più piccolo, e io fui chiamato a lavorare a quest’ultimo.

Iwata:

Perché crede che le sia stato richiesto di farlo?

Hayashi:

Mmh... Non saprei. Non ricordo bene se sia stato io a chiederlo o se la decisione l’avesse presa il mio capo, ma sicuramente non mi sarebbe piaciuto lavorare al progetto più grande se questo avesse significato trovarsi in una posizione che non aveva niente a che fare con il rendere divertente il gioco. Lavorare a quel piccolo progetto è stata per me un’esperienza estremamente valida.

Iwata:

Io sono stato fortunato, perché nel periodo in cui non c’era nessuno sopra di me, potevo pensare autonomamente, poi abbiamo iniziato a lavorare in un gruppo di 3, poi in un gruppo di 5, poi in 10... Affrontando le cose in maniera graduale, quindi mi interessa molto sapere quali sono stati i passaggi affrontati da una persona come lei, che fa parte di una generazione successiva alla mia, per poter lavorare ad un progetto così importante ad un’età così giovane.

Hayashi:

Oltre a lavorare all’obiettivo primario della compagnia, che prevedeva il lancio di un gioco ogni anno, mi occupavo anche di un progetto a scadenza biennale o triennale. Il carico di lavoro cresceva di anno in anno, fino a quando mi sono trovato a gestire diversi progetti all’anno. Sono stato fortunato a poter affrontare gradualmente l’aumento delle mie responsabilità.

Iwata:

Quando ha acquisito la capacità di gestire diversi progetti contemporaneamente?

Hayashi:

Quando avevo più o meno 27 anni. Ma all’epoca, per fare il paragone con un computer, temo che il mio processore non fosse abbastanza potente.

Iwata:

Non era abbastanza potente per il multitasking9. (ride) 9Multitasking: un termine informatico che definisce l’esecuzione simultanea di diversi processi da parte di un computer. In questo caso si riferisce al fatto che una persona sia in grado di lavorare contemporaneamente a diversi progetti.

Hayashi:

Esatto. Ero molto sfiduciato verso le mie capacità e pensavo: “Non sono capace...”, ma quando ti trovi ad essere responsabile di diversi progetti, non hai proprio tempo per deprimerti e in qualche modo devi trovare la forza per superare la crisi. (ride) E quando ci sono riuscito, ho pensato: “Oh, le persone possono crescere”, e sono molto felice di essermene reso conto. (ride)

Iwata:

Ah, che bello. Mi piace vedere persone che amano quello che fanno. Cercherò di fare tutto ciò che è in mio potere per aumentare il numero di opportunità perché questo possa accadere a più persone possibile. Questa è una delle motivazioni del mio lavoro.

Hayashi:

Penso che la felicità di uno sviluppatore o di una sviluppatrice si rifletta nei giochi che realizza.

Iwata:

È vero. Chiaramente, è una cosa che penetra nel prodotto.

Hayashi:

Gli sviluppatori lavorano ad un gioco per uno o due anni. Si può dire che è la loro vita si riflette in quello che fanno.

Iwata:

Si percepisce se il team era di buon umore o se stava affrontando una situazione difficile.

Hayashi:

All’inizio, pensavo che i videogiochi cadessero semplicemente dal cielo. All’epoca, non riuscivo a percepire la presenza degli sviluppatori, ma ora mi rendo conto della mano umana che ha lavorato ai videogiochi e percepisco le emozioni degli sviluppatori, per così dire. (ride) Da quando me ne sono reso conto, queste emozioni sono diventate molto preziose. Nel corso dello sviluppo, gli sviluppatori vivono davvero a stretto contatto con quell’unico gioco. Ma mi piacerebbe che tutti coloro che giocano con quei giochi possano divertirsi semplicemente con il prodotto del nostro lavoro, senza pensare troppo a noi.

Iwata Asks
Iwata:

È bello che i giocatori pensino semplicemente: “Gli sviluppatori hanno investito molte energie anche in questo tipo di cose”.

Hayashi:

Esatto. Non c’è bisogno che ne tessano le lodi. Possono dire che è una cosa stupida o irritante. Le reazioni di questo tipo mi piacciono molto.

Iwata:

Per gli sviluppatori, ignorarle è la cosa peggiore. Le critiche li sproneranno a fare meglio la volta dopo. Per quanto lavorino duramente, operando sotto pressione entro limiti di tempo ristretti e con molti altri limiti, gli sviluppatori restano sempre con la sensazione che avrebbero potuto fare di più.

Hayashi:

È vero. Ma dal momento che i clienti pagano per i nostri giochi, non possiamo accampare scuse. Voglio dare loro i giochi che valgano il prezzo che costano.

Iwata:

Non bisogna scusarsi, ma considerarla come un’opportunità per il progetto successivo. Rappresenta una buona motivazione a fare di meglio in futuro.

Hayashi:

Giusto. Ogni progetto inizia con l’idea di qualcosa di passato da migliorare. Farlo ogni volta è fantastico!